Orecchio Acerbo: dall’esperienza come studio grafico alla nascita di una casa editrice.
Graphic designer e giornalista, Fausta Orecchio è nata a Roma nel 1957. Autodidatta, nel 1997 ha ottenuto il Premio Matita d’oro per il Graphic Design e, nel 2001, la Segnalazione d’onore dell’ADI. Negli ultimi anni ha, fra l’altro, curato l’immagine dell’Ente teatrale Italiano, l’immagine istituzionale dell’Eni e le campagne del Comune di Roma per l’estate romana. Nel 2002 ha svolto l’attività di docente presso la Facoltà di Architettura dell’Università La Sapienza e, nel 2007, ha fatto parte della giuria per la Mostra Illustratori della Fiera Internazionale del Libro di Bologna.
Cos’è orecchio acerbo?
Orecchio acerbo è il nome della società che ho fondato insieme con Simone Tonucci nel 2000, dopo l’esperienza già avviata da alcuni anni dallo studio grafico Fausta Orecchio. Il nome si ispira a una poesia di Gianni Rodari, e ci è sembrato particolarmente adatto al nostro modo di lavorare, perché trasmette l’idea di disponibilità all’ascolto, di attenzione ai mutamenti della realtà, di ricerca. L’attività dello studio nel corso del tempo si è concentrata sulla grafica editoriale e, più in generale, su eventi a carattere culturale; attraverso questo lavoro sono nate collaborazioni con scrittori, autori e attori teatrali, illustratori e artisti, ed è soprattutto da queste relazioni che è nata l’idea di dar vita a una casa editrice. E così nel dicembre 2001, in occasione di “1+1 fa 1” – una mostra in cui erano esposti alcuni lavori che avevo realizzato insieme con Fabian Negrin – abbiamo deciso di pubblicare il nostro primo libro, “Il gigante Gambipiombo”, un libro illustrato per bambini.
Da quel momento è cominciata una nuova storia e una nuova attenzione al mondo dei più piccoli, alle trasformazioni dell’infanzia e dell’adolescenza.
Come si configura la duplice attività di studio grafico e casa editrice?
Le due attività sono connesse per una ragione strutturale. Lo studio grafico sostiene la casa editrice e, al tempo stesso, la produzione editoriale allarga le possibilità di lavoro come grafici. È un cerchio che si chiude: i libri vengono visti, vengono apprezzati, il nome di orecchio acerbo – a distanza di sei anni dalla nascita della casa editrice – è oggi decisamente più conosciuto nel mondo dell’editoria, e tutto questo ha una ricaduta anche sullo studio grafico. L’approccio grafico alla realizzazione dei nostri libri e quello a progetti su committenza è il medesimo. La differenza sta nelle scelte da fare: per la nostra produzione è necessario un confronto con se stessi, si prendono le parti del committente e del progettista allo stesso tempo. Fino a che punto ci si può spingere nella sperimentazione, nella ricerca e nell’innovazione, a chi ci vogliamo rivolgere, quanto possiamo spendere, bisogna deciderlo da soli. E questo è al tempo stesso estremamente difficile e stimolante.
Quale idea di grafica sta alla base della vostra produzione?
L’idea alla base del nostro modo di progettare è che la grafica non abbia solo un ruolo funzionale e di servizio nella relazione con la lettura – comunque fondamentale – ma che possa anche diventare un linguaggio che può determinare significati diversi. Io credo che si debba essere umili e presuntuosi allo stesso tempo. Umili perché il lavoro del grafico è un lavoro di composizione e di ordine al servizio di un progetto, presuntuosi perché consapevoli di avere in mano uno strumento potente per raccontare. La grafica può essere silenziosa, quasi invisibile, oppure rumorosa e prepotente, ma sempre essere al servizio di ciò che si vuole raccontare.
Giugno 2007