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Anch’io, giovanissima, ho visitato la casa di Anne di ritorno in Argentina dal mio primo viaggio in Israele. Oggi mi commuovo nell’avere tra le mani una poetica rivisitazione sotto forma di libro, un piccolo capolavoro in cui il formato, la bella carta su cui i disegni risplendono si fondono armoniosamente con lo scritto. Ho apprezzato molto il modo in cui l’illustratore Maurizio Quarello si è avvicinato al testo, consapevole di quanto sia fondamentale il primo impatto. Un bel libro deve dare “la scossa”, deve suscitare immediatamente delle immagini nella testa del lettore, far nascere degli accostamenti di colore e far materializzare i personaggi. “L’albero di Anne” mi ha fornito molti elementi, consentendomi di raggiungere più di un livello di lettura.

Sfogliando il libro, a volte sembra di essere noi stessi nella soffitta perché guardiamo verso il basso dall’interno, oppure siamo all’esterno e guardiamo verso l’alto. Queste diverse percezioni sono dovute al riflesso o all’impronta dell’albero nel vetro della finestra: luce, ombra, visibile, invisibile, sicurezza, insicurezza, libertà, prigionia. Nei momenti negativi, la desolazione, il deserto creato dalla guerra appaiono come grandi macchie scure, che rendono chiara l’idea del dramma. Il positivo si percepisce nei visi, nei fiori e nell’albero disegnato a matita con tratti molto raffinati. Le parole di Irène Cohen-Janca e le immagini di Maurizio Quadrello sono di grande sensibilita, e documentano i mutamenti dell’ippocastano, piantato intorno al 1883, muto testimone nel cortile di una casa alle spalle di uno dei tanti canali di Amsterdam. Rileggendo le riflessioni di Anne, mi sono venute in mente le parole di Rainer Maria Rilke:

“Oh, come desidero ardentemente crescere, Guardo fuori, E l’albero dentro di me cresce”.

Anche se ci si rende conto – dai segni e dai colori spenti, e a volte dal brusco contrasto tra chiarore e oscurità – che non sarà una storia lieve, c’è il tocco di rosso nelle chiome degli alberi della magnifica prima pagina, che sembra una visione digitale aerea sotto forma di quadro introduttivo a matita; poi troviamo un solitario rametto verde tre pagine dopo, e alla fine un ramo verde appena spuntato. A queste sensazioni devo aggiungere il piacere di tenere in mano un libro con il disegno di un albero che occupa i due lati della copertina di cartone spesso con una serie di tronchi verticali nella controcopertina e, molto suggestivo, il riccio della castagna selvatica a forma di palloncino volante che accompagna il titolo. Continuando a sfogliare il libro, ci imbattiamo in una illustrazione, la quarta, molto toccante. Appaiono sei finestre, delle quali due sono della soffitta dove Anne respira aria pura; dove una foglia sta avvicinandosi alla sua mano; dove l’ippocastano si riflette su cinque finestre in tutta la sua gloria. Esso regala ad Anne non solo lo spettacolo delle stagioni, ma le permette di sognare la libertà e la natura, passioni che poteva coltivare solo nella sua fantasia. Secondo Gaston Bachelard “L’immaginazione è un albero. Ha le virtù integratrici di un albero. E’ radici e rami. Vive tra terra e cielo. L’albero immaginato diviene impercettibilmente cosmologico, epitome e creatore di un universo”

L’illustrazione successiva riguarda il 1940 e l’urgenza di cercare un nascondiglio nella soffitta. La serie dei DIVIETI culmina con la fortissima frase VIETATO ESISTERE. Si vedono da una parte quattro cartelli in diverse calligrafie e sette. elmetti minacciosi indossati da soldati visti da spalle e di profilo, con una durissima espressione del viso; dall’altra parte un soldato con il manganello in mano è pronto a colpire. Case e soldati sono tratteggiati a matita, e l’inquietante sfondo marrone scuro, in pastello, simboleggia pericolo e cattiveria. Alla doppia pagina successiva, arriva il momento in cui i giovani lettori inizieranno a porre delle domande: non c’è testo perché non ce n’è bisogno. Tutta la famiglia diventa clandestina, è ingabbiata dalla persecuzione, è segnata dalla stella gialla; ma in alto c’è anche una stella che li sovrasta, che forse rappresenta la loro spiritualità. Voltando pagina ci troviamo di fronte ad un quadro pieno di significato e di grande poesia. Vediamo le gocce d’acqua, i corpi visti di profilo di Anne insieme al padre con le stelle gialle sui loro impermeabili, che si riflettono sulle acque del canale dopo l’ultima passeggiata in condizione di libertà.

Anne appare subito dopo con un abito a maniche corte, di fronte ad un tavolino con un calamaio. Il suo angoletto è l’unica macchia di colore molto minimalista ed essenziale, su uno sfondo tutto cupo. Le pagine del diario sono bianche e la penna in mano non sembra in movimento, quasi a rappresentare un momento di riflessione per prendere fiato, coraggio. Nell’illustrazione successiva il lettore come se fosse all’interno guarda all’esterno un albero realistico e spoglio; il colore rosso poco usato nelle prime pagine serve ad enfatizzare la importanza della finestra del piccolo lucernaio che occupa tutta la pagina, un gioco tra sogno e realtà. Qualche mese dopo, l’ippocastano appare in piena fioritura con un ape gioiosa che gli ronza intorno, espressione positiva di bellezza catturata da una matita soffice e dai tratti molto precisi. All’esplosione della vita segue l’esplosione delle bombe che cadono ovunque, seguita da una doppia pagina per riflettere e discutere divisa trasversalmente in due. Nella parte superiore dell’illustrazione c’è il male, il buio, la distruzione che sta sgretolando il tessuto connettivo della città. La tranquillità ha lasciato posto al dolore, all’oppressione, all’oscurità; è una situazione inquietante. Però si intuisce un filo di speranza nel bambino dalle guance rosse che gioca con il cerchio, perché dopo la tragedia la vita continua.

Alla fine del racconto colpisce una foglia che, simbolicamente, ha seguito Anne e rimane catturata nel filo spinato. Si respira un’ aria di tristezza e di separazione; Anne muore ma c’è la percezione del futuro perché il padre sopravvivera. C’è ottimismo e tenerezza nella mezza figura di grandi proporzioni di un bambino con in mano un inaffiatoio d’epoca; se un giorno l’albero sarà abbattuto, un suo innesto attecchirà e diventerà grande se sarà regolarmente innaffiato. A un albero narratore, protagonista quasi umanizzato che ha condiviso due anni di vita con Anne, è stata data voce: egli sente, pensa, intuisce e può permettersi di parlare con i bambini e ragazzi di concetti reali e duri, di introdurli senza spaventarli al tema della Shoah pur mantenendo intatta la forza di quel tragico periodo storico. Nella realtà, il fatto che un personaggio così amato come Anne abbia descritto il “suo” albero con tanto affetto e vivacità lo ha fatto diventare unico e prezioso al punto che, alla notizia che doveva essere abbattuto, si sono levate tante voci per proteggerlo. Ed è comprensibile, perché è un albero sofferente ma privilegiato: il suo ricordo sarò mantenuto grazie a questo libro originale che probabilmente verrà letto prima del diario di Anne. Anche lo scopo del racconto è stato raggiunto, perché la memoria di quel momento doloroso della storia dell’umanità non sarà dispersa.

Passando alla cronaca, secondo le ultimissime notizie l’albero di Anne Frank non avrà nulla da temere per i prossimi 10/15 anni: la sentenza di abbattimento è stata sospesa, e l’albero per ora verrà sostenuto da un’impalcatura di acciaio. Ora, poi, egli continua a vivere anche on-line. Il bellissimo sito della Fondazione che porta il nome di Anne Frank (www.annafranktree.com) consente infatti ai visitatori di posare su un ippocastano virtuale una foglia con il proprio nome, l’età e la città di residenza. Il sito è stato pensato per mantenere in vita gli ideali di Anne Frank, e far dialogare tra loro gli allievi delle innumerevoli scuole di tutto il mondo a lei intitolate. “Una singola Anne Frank”, lo ha ricordato nel 1986 Primo Levi, “desta più commozione delle miriadi che soffrirono come lei, ma la cui immagine è rimasta in ombra. Forse è necessario che sia così: se dovessimo e potessimo soffrire le sofferenze di tutti, non potremmo vivere”. .

Roma, 18 maggio 2010
Ana Fitzpatrick

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