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Ogni libro è, potenzialmente, moltissimi libri: tanti quanti coloro che lo leggeranno. Ciascuno di noi crea con la propria mente le immagini per la storia che legge e, probabilmente, le mie immagini sono diverse da quelle di un altro. Tuttavia possiamo immaginare solo ciò che conosciamo. Nel libro illustrato, nel libro per bambini, a ogni storia si lega indissolubilmente l’immaginario di chi la disegna. Cosa accade se questo immaginario diventa univoco, ricalcato su modelli sempre uguali a se stessi? Cosa accade se il mondo estetico dei bambini diventa un mondo di immagini banali, un mondo di plastica? Leggere, leggere la scrittura riattribuendole la sua valenza di segno, leggere le immagini, vuol dire, in un certo senso, imparare a vedere. Si legge con il cervello, con le mani, con gli occhi, con il cuore. Gli occhi riflettono in un duplice senso: riflettono la realtà, come in uno specchio, e, al tempo stesso, dagli occhi parte una riflessione, un pensiero.
Imparare a vedere, a riconoscere le cose belle, aprire gli occhi, può voler dire contemporaneamente imparare a spegnere ciò che è brutto. Acquistare consapevolezza.

Ho provato a immaginarmi il mercato editoriale come un’autostrada, come veniva suggerito qualche anno fa in un convegno sull’editoria. E ho provato a pensare: dove può portare un’autostrada? Mi sono chiesta: dove volevamo andare, Simone e io, quando abbiamo dato vita alla casa editrice? Mi sono detta: al mare. A un mare pulito, vero, intatto. Di certo, con quell’autostrada, non ci saremmo arrivati. Magari solo un piccolo tratto, o più probabilmente un lungo percorso di strada sterrata, avremmo comunque dovuto farlo. E in più l’autostrada sembrava tutta uguale, il viaggio si preannunciava noioso. Le macchine andavano troppo veloci, c’erano troppi Tir e, soprattutto, nessuno dei due sapeva guidare.
E così abbiamo preso direttamente una vecchia provinciale, con una macchina mezza rotta e una guida turistica di cinquant’anni fa. Non avevamo la patente, e, soprattutto all’inizio, siamo andati a sbattere un mucchio di volte.

Qui, sulla nostra strada, i benzinai sono pochi, e quando la benzina finisce si scende e si comincia a spingere. Però il paesaggio non è male, e stiamo incontrando sempre più persone, altri che stanno imparando a guidare come noi. E sono molti quelli che ci aiutano a spingere, la nostra macchina è piena di gente. Nel frattempo là, sull’autostrada, continuano a fare nuove corsie e sembra che fra un po’ anche la nostra provinciale ne sarà completamente invasa. Ma corre voce che quell’autostrada non abbia più uscite, e che sia diventata solo un insensato via vai che non porta da nessuna parte, percorso da macchine automatizzate senza guidatore.
Bisogna smettere di credere che questa strada sterrata e quell’autostrada possano in qualche modo incontrarsi. Quello che penso è che, oggi più che mai, si debba scegliere.

Hans Magnus Enzensberger, paragona lo Stato a un idraulico, sostenendo che come nella nostra parte del mondo le autorità sono obbligate a garantire l’acqua potabile e il sistema fognario, così dovrebbero garantire la fornitura e il flusso dell’acqua/letteratura. Lo Stato dovrebbe quindi promuovere buone leggi sul copyright, dare fondi sufficienti alle biblioteche, sussidi per le traduzioni e la promozione alla lettura, aiutare chi coraggiosamente apre librerie in zone disagiate, garantire con buone leggi anti-trust che la produzione di cultura non sia nelle mani di pochi, abolire le tasse che gravano sui libri e preoccuparsi che ogni cittadino sia in grado di leggere. Al tempo stesso dovrebbe proteggere e tutelare la minoranza dei lettori, con la consapevolezza che la sopravvivenza delle minoranze è un problema sociale di vita o di morte.
Scrive Enzensberger: “In una democrazia ognuno ha il diritto di essere ignorante ma, per lo stesso motivo, ognuno di noi può pretendere di accedere a ogni genere di letteratura, anche quella più difficile. Credo che questo è tutto ciò che dovremmo domandare ai politici”.
Può sembrare poco, ma è moltissimo se solo pensiamo alla situazione delle nostre biblioteche scolastiche o all’assoluta mancanza di luoghi di lettura nel nostro meridione.
Per questo poco, o molto, credo valga la pena di battersi.
Il resto, o quasi, dipende da noi, dalla nostra curiosità, dalla nostra intelligenza, dalla qualità delle nostre proposte.

Per concludere, al mare, Simone e io, non ci siamo ancora arrivati e temo che non ci arriveremo. Per ora non possiamo fare altro che proseguire, a passo d’uomo, in questa strada dove è vietato andare veloci, e su cui non ci sono indicazioni. Tenendo gli occhi ben aperti su quello che ci sta intorno e facendo attenzione a non finire per sbaglio su quell’autostrada. E, soprattutto, a fermarci tutte le volte che ne vale la pena.

Stanotte ho fatto un sogno: dall’autostrada non arrivava alcun rumore. Al suo ingresso, ben visibile, un cartello: “Le recenti rilevazioni sullo stato dell’aria, ci costringono a limitare gli accessi. La libera circolazione è consentita solo ai mezzi, compresi quelli pesanti, dotati di dispositivi anti-inquinamento”.

Fausta Orecchio, dicembre 2008

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