Lo vedo attraverso le pareti di vetro che dividono le aule del liceo che porta il nome di un illustre filosofo tedesco. Il suo ritratto, occhi severi e un po’ melanconici, scruta chiunque gli passi davanti.
Così siamo in due, io e il filosofo non molto amato dai maturandi, che lo notiamo, attraverso quel labirinto ti vedo e non ti vedo, mentre si avvicina alla aula della prima prova.
“Buon giorno, è qui?” Parla come cammina. Da ballerino.
“Si, prego, si accomodi, prenda posto e lasci il telefonino sulla cattedra. Il suo documento, prego.”
La voce lo tradisce. È emozionato.
Avverto lo sguardo della collega di italiano. Vuole insinuare qualcosa. Poi si avvicina.
“Quello è il tuo privatista, uno dei pochi che porta la tua materia. Sei contenta? Cerca di stargli vicino, lo vedo un po’ perso.”
I banchi si riempiono in un baleno. I ragazzi, di solito inquieti e rumorosi, si trattengono. L’esame di stato fa ancora paura.
Viene aperta la busta, si danno alcune indicazioni, si fanno le fotocopie, si distribuiscono le tracce. C’è chi tentenna, e chi gioisce perché ha azzeccato il tema.
Le teste sono chine sui fogli.
Vedo il nome del ballerino, i suoi dati anagrafici. È nato in Germania. Ecco, adesso capisco perché fa il linguistico e predilige la lingua tedesca!
“Chissà cosa ha scelto”. Mi incuriosisco.
“Forse la tipologia D, il tema di ordine generale.”
Giorno della libertà, ricorrenza dell’abbattimento del muro di Berlino, evento simbolico per la liberazione di Paesi oppressi e auspicio di democrazia per le popolazioni tuttora soggette al totalitarismo. A vent’anni dalla caduta del muro di Berlino, il candidato rifletta sul valore simbolico di quell’evento ed esprima la propria opinione sul significato di “libertà” e di “democrazia.
Fammi vedere, mi dico, e mi metto a fare il giro di sorveglianza. Mi chino un po’ per spiare e controllare, senza farmene accorgere, ma lui intuisce il mio interesse e si scosta, con gentilezza e garbo, per farmi vedere.
Il 9 Novembre 1989 decine di migliaia di persone, incuranti della pioggia, si riversarono davanti alla Porta di Brandeburgo. Si festeggia la caduta del muro che per 30 anni aveva usurpato la libertà di tanti….
Va bene?” chiede, e si gira con lo sguardo un po’ incerto e dubbioso verso di me.
Mi pento di non aver saputo resistere alla curiosità, cerco di tranquillizzarlo con un sorriso.
“Va bene, continua così”.
Faccio il primo turno di sorveglianza. Arriva il collega di filosofia a darmi il cambio.
“Ci vediamo alla terza prova” e lo saluto.
Quella di italiano si immischia. “Certo, per le correzioni”, come se io dovessi mancare!
Ci rivediamo tutti quattro giorni dopo. L’atmosfera è allegra e un po’ informale. Si comincia a correggere.
Ogni tanto qualche commento. Ognuno con il proprio bagaglio di insegnante, i propri vissuti nella scuola: chi di periferia, chi di qualche liceo un po’ più prestigioso, chi è precario e si fa le ossa.
C’è chi ama il proprio lavoro e chi non c’è la fa più.
Ma le griglie di valutazione sono quelle, e bisogna adeguarsi. Io finisco presto. Sono in pochi a fare la mia materia. Cerco di mettere tutto un po’ in ordine e, mentre ricontrollo le mie correzioni, la professoressa di italiano scoppia.
“No! Proprio no, questo non ha capito la traccia e si è assolutamente allontanato dal tema”.
Ci giriamo verso di lei.
“Quel privatista, ragazzi, per me è insufficiente” chiude decisa.
Chiedo di leggerlo. Ha cominciato così bene, strano.
La grafia non è bella, all’inizio si legge con una certa difficoltà. È disordinata. Ma i ragazzi di oggi sono così. Sarà colpa del computer? O dovrebbe essere introdotta di nuovo la calligrafia come materia? Domande inutili. Oramai è così. Mi metto a leggere con attenzione.
La democrazia ha portato la libertà a milioni di persone anche se molte ancora non possono godere di questi diritti che sembrano cosi naturali… Tanti sono i preconcetti con cui “i diversi” sono costretti a convivere… Sono molti i muri che attraversano i territori delle sessualità… il muro dell´orientamento sessuale, che separa etero ed omosessualità, e il muro dell´ordine sociale, che separa legami “pubblici” e “privati”, famiglie riconosciute dalla legge e famiglie “illegali”…
Rimango in silenzio, rifletto. La collega mi fissa immobile, vuole conoscere il mio giudizio. E io le parlo delle recenti riunioni con l’editore di una piccola casa editrice che sta preparando un libro sul muro. Dieci racconti ricchi di fantasia, scritti per i ragazzi da alcuni fra i più grandi scrittori di tutta Europa proprio sul tema del muro. Anche dopo la caduta del muro di Berlino, davvero un simbolo di sofferenza, gli uomini non hanno smesso di erigere nuovi muri. Ci sono i muri che separano gli uomini per razza, religione, cultura e ricchezza. Questo è il messaggio dell’editore! E inoltre c’è un gruppo di scrittori e traduttori che ci crede e ci sta lavorando. Il libro dovrà uscire a novembre per l’anniversario. Le faccio vedere il materiale illustrativo del progetto, che ho ancora nella borsa perché ieri sera ci siamo visti alla Biblioteca Europea per gli aggiornamenti e non ho avuto il tempo di rimetterlo a posto.
La collega mi risponde con molta serenità. “Rivediamo il tema in questa prospettiva, forse sono stata un po’precipitosa.”
Sprofonda nella lettura, con maggior impegno e severità. Faccio finta di niente, ma sono proprio sulle spine. Ci si mettono anche gli altri.
Alla fine il verdetto. “Sufficiente.”
Filippo all’orale si difende dignitosamente, passa con 60, e a settembre si iscriverà a lingue.
Ancora lo vedo, dietro i muri trasparenti di vetro che separano le aule.
Si allontana con il suo passo di ballerino, sotto lo sguardo premuroso del filosofo che lo accompagna fino all’uscita.
Katerina Di Paola Zoufalova
traduttrice del racconto di Jirí Kratochvil “Giovannino e il re” in “1989. Dieci storie per attraversare i muri”, orecchio acerbo editore, 2009